Fabriano (Ancona). Alla fine della giornata insieme a un’ottantina di piccoli vivaci e curiosi sotto il tendone il duo d’arte Perino & Vele osserva appagato e divertito il frutto di ore passate insieme a raccontare, a triturare e impiastrare carta, acqua e colori, a vedere i bambini disporre su cassette della frutta la materia pastosa che hanno manipolato: sotto il tendone alla fabbrica Elica, a Fabriano, nelle Marche a ridosso dell’Appennino, ha preso forma come un puzzle su quelle cassette di legno un tenero zoo con sagome color prugna o verde pallido di orsi, panda, asini, leoni e rinoceronti. I piccoli si impiastricciano e ridono. «Guarda come mettiamo i colori», esclamano due bambini e una bambina al cronista di «Il Giornale dell’Arte» ignorandone poi domande certo troppo banali per distrarli dalla loro missione.È arte? tanti domanderanno. È una pratica per condividere il senso dell’arte, per allenare allo sguardo, alla creatività, a un pensiero proprio, può essere una risposta. Da anni la Fondazione Ermanno Casoli, braccio culturale e sociale dell’impresa fabrianese Elica di Francesco Casoli (figlio di Ermanno, quattromila addetti, 35mila cappe da cucina al giorno vendute in tutto il mondo), mette in atto questo tipo di esperienza chiamata E-Straordinario for Kids (cfr. «Il Giornale dell’Arte» n. 353, mag. ’15, p. 4) dove affida un laboratorio con artisti relativamente giovani ma con esperienza curato dal direttore artistico della Fondazione, il critico Marcello Smarrelli.Perino & Vele: «I ragazzi ci regalano uno sguardo nuovo»L’attività è stata avviata nel 2008; per l’edizione 2017 il duo di casa nell’avellinese conduce un workshop con 80 figli dei dipendenti, bambini dai 3 a 10 anni (anche se nel sito dicono dai 6 anni in su) seguiti dalle insegnanti. Indicando come tema la creazione di un archivio, «The Big Archive», Perino & Vele descrivono ai giovanissimi uditori come creare il loro materiale d’elezione, la cartapesta, sporcandosi le mani e gli abiti. E i piccoli ascoltano e seguono.Perino & Vele, che parteciparono alla Biennale-spartiacque del 1999 curata dall’ineguagliabile Harald Szeeman, ai piccoli parlano con semplicità, senza frapporre distanze. «Facciamo laboratori per bambini e ragazzi, non più di uno l’anno perché richiedono molto impegno e preparazione, racconta il duo dove la parola dell’uno corrisponde a quella dell’altro. Siamo già stati in una classe elementare nel quartiere di Scampia a Napoli, con una scuola alla Galleria Civica di Trento, con il liceo artistico di Benevento. Perché? Oltre al piacere, i ragazzi ci portano a rivedere il nostro stesso lavoro, a guardarlo con occhi nuovi, a immaginare soluzioni diverse». Come capitò quando il figlio di Perino sorprese il padre creando un patchwork assemblando scarti di colore. «I bambini e i ragazzi sono più istintivi e molto più curiosi degli adulti. E con loro ti liberi da tanta zavorra». In forma diretta e semplificata, i due artisti applicano procedimenti che adottano in studio per le loro sculture di cartapesta. Impastano le mani nella carta triturata con un frullatore, mescolata con acqua, trasformata in una poltiglia con cui ai bambini piace da matti giocare e dare forme suggerite dai due artisti. Che hanno cara una manualità da esercitare senza delegarla: «Abbiamo sempre avuto l’idea di capire e come realizzare un progetto. Ai nostri inizi, intorno al ’97, pochissimi scultori lavoravano con la materia. Per esempio Loris Cecchini con la gomma. Eravamo in controtendenza». Nel frattempo un paio di piccoli attorno reclama attenzione e consigli su come spalmare, con le dita, l’impasto color prugna sul legno.La direttrice: «Il conformismo schiaccia le idee»Nei workshop passati la Fondazione Casoli ha chiamato artisti come Marinella Senatore o Sissi, per citare qualcuno, e invita giornalisti a seguire quanto accade. Per quale ragione si buttano in questi laboratori di arte contemporanea? «Perché investire nel welfare fa vivere meglio», esclama divertita la direttrice della Fondazione intitolata al fondatore di Elica, Deborah Carè. D’accordo, ma come? «Organizzando una formazione all’arte contemporanea con i dipendenti abbiamo constatato che migliora il clima nell’azienda. Non a caso negli anni sono cresciuti i brevetti tecnici ed estetici e i premi vinti dai nostri prodotti. Funziona. Si crea un’alchimia forse non misurabile e un’azienda che sa far questo è più aperta al cambiamento. Sosteniamo la cultura e in particolare l’approccio all’arte di oggi perché apre la mente». E gli artisti, cosa portano in dote? Ha curato un laboratorio anche un Cesare Pietroiusti che è artista molto critico verso il capitalismo. Risposta: «Il conformismo schiaccia e appiattisce le idee. Gli artisti ribaltano il modello di pensiero. Oltre tutto l’arte di oggi aggrega tutti perché all’inizio dicono di non capirla. Anche per questo permette di fare vera formazione con operai e manager fianco a fianco. E lo abbiamo appurato, ci fa bene a tutti».Articoli correlati:Su Perino & Velehttp://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2014/6/120224.htmlPandora si macerahttp://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2014/6/120229.htmlLa speranza in un vaso di cartapestahttp://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2017/2/127397.htmlL’arte contemporanea a Napoli è un Atlante apertoRisorse in rete:La Fondazione Casoliwww.fondazionecasoli.orgPerino & Velehttp://www.perinoevele.com/
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