Casa Buonarroti, Roma nell’incisione del Cinquecento
Dal 6 giugno al 26 agosto 2018, la mostra "Speculum Romanae Magnificentiae” a cura di Stefano Corsi e Pina Ragionieri. In esposizione 52 bellissime incisioni che testimoniano la varietà dei soggetti, la qualità e la molteplicità degli stampatori e incisori FIRENZE - La rassegna che viene ospitata da Casa Buonarroti, riprende l’esposizione che si tenne nella stessa sede, dal 23 ottobre 2004 al 2 maggio 2005. Mostra e catalogo, come pure la Sala archeologica del museo, sono dedicati alla memoria di Stefano Corsi, scomparso in giovane età nel 2007. Casa Buonarroti possiede un esemplare dello "Speculum" costituito da ottantaquattro pezzi; i soggetti illustrati vanno dagli edifici antichi e moderni (molti quelli michelangioleschi) alle statue e ai rilievi romani. In esposizione ben cinquantadue di queste bellissime incisioni. Antonio Lafréry, editore, incisore e mercante francese, intorno al 1573, nella sua tipografia di via del Parione, nel momento di massimo successo della propria attività, realizzò lo "Speculum" costituito di circa cinquecento pezzi, divisi in cinque sezioni, che andavano dalle incisioni con soggetti tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento a quelle riproducenti edifici moderni, ritratti e medaglie, con una netta predominanza, però, di fogli dedicati ai monumenti e alle statue di Roma antica. Viaggiatori, antiquari, collezionisti ed eruditi commissionavano alla stamperia al Parione raccolte di incisioni che diedero luogo a veri e propri volumi che cominciarono a diffondersi già dalla fine degli anni cinquanta e che a partire dai primi anni settanta assunsero il titolo di Speculum Romanae Magnificentiae. Un'impresa nuova nel suo genere, ma che prendeva avvio da altri repertori grafici, come il Codex Escurialensis di fine Quattrocento e gli studi dall'antico di Raffaello e bottega, di Maarten van Heemskerck, di Francisco de Hollanda. L'origine di questa importante iniziativa editoriale si può datare molti anni prima, quando il milanese Antonio Salamanca cominciò, a partire dal 1528, a rieditare col proprio indirizzo tutti i ''rami'' che riuscì a rintracciare. A partire dal 1553 il Salamanca si associò con Antonio Lafréry, attivo a Roma sin dal 1544, e con lui rimase per diciotto anni, cioè fino alla morte. Il figlio del Salamanca, Francesco, decise di porre fine alla società; ma il Lafréry proseguì da solo, con straordinario successo. Seguirono le sue orme, anche se non più con la fortuna del fondatore, il nipote Claude Duchet e il cognato di questo, Giacomo Gherardi. Una parte dell'eredità andò anche al pronipote Etienne Duchet, che cedette le lastre a Paolo Graziani, unitosi poi a sua volta a Pietro de' Nobili. Lafréry incluse nella sua produzione anche lavori di altri stampatori, sia romani che veneziani. A ricostruzioni di architetture antiche minuziose e particolareggiate, eseguite con estremo rigore scientifico, se ne alternano altre nelle quali il monumento risente della sensibilità dell'incisore. A opere riprodotte con evidenti scopi didascalici e per le quali si precisa luogo di ritrovamento e collezione di provenienza se ne affiancano altre, che si presentano invece come invenzioni moderne, con vaghe reminiscenze dell'arte classica tratte da disegni di artisti più o meno famosi. ...