Sicilia, per 40mila euro i templi di Selinunte si trasformano in un mega dj set
Castelvetrano (Trapani). Se c’è un limite alla sostenibilità della fruizione del patrimonio culturale concesso in uso ai privati, probabilmente è stato oltrepassato al Parco archeologico di Selinunte. Il 29 luglio scorso un colossale palco sull’acropoli per il concerto del dj olandese Martin Garrix, ha finito per relegare a fondale-cartolina il Tempio C, col risultato di uno svilente rimpicciolimento. Perché se anche la «distanza di rispetto è stata osservata», precisa il direttore del parco Enrico Caruso, questo è stato l’effetto sui valori monumentali, con annesso impatto paesaggistico. Ci sarebbe anche da chiedersi se i rocchi delle colonne siano rimasti «insensibili» alle emissioni a tutto volume che hanno trasformato il parco in una discoteca. Che, infatti la musica inquini, in termini di CO2 anche, lo documenta un progetto dell’Edison (Edison Change the Music) col fine di ridurre l’impatto ambientale degli eventi musicali. Mentre antropico si chiama quello prodotto dalle quindicimila persone che si sono riversate ai piedi del palco, al cui confronto le tremila a serata per lo spettacolo kolossal su Nerone al Palatino, a Roma, sembrano bazzecole.In Sicilia da apripista aveva fatto il buffet del 2013 al tempio di Segesta, poi c’è stato l’Aperol Spritz dell’ottobre scorso nello stesso parco archeologico (un parco, peraltro, che non esiste, solo perimetrato, ma con tanto di dirigente come in quelli formalmente istituiti della Valle dei Templi, Naxos e lo stesso Selinunte, cfr. la nostra inchiesta), per arrivare alla terza edizione del Google Camp del 31 luglio scorso alla Valle dei Templi, «un evento, con nessun risvolto culturale», scrive Manlio Lilli su «Il Fatto Quotidiano» (la prima edizione del 2015 ci aveva offerto occasione per una riflessione sull’autonomia gestionale di cui gode il parco siciliano e da poco introdotta anche per i musei statali, cfr. ed. online 7 settembre 2015 e n. 361, feb. ’16, p. 9).Che sia possibile che i luoghi del patrimonio siciliano ospitino eventi rispettosi dei loro valori monumentali e paesaggistici lo dimostrano, invece, le produzioni messe in scena in un unico circuito, nella stagione estiva, nei teatri di pietra dell’isola. Il progetto, alla seconda edizione, grazie a un accordo tra l’Assessorato ai Bni culturali e quello al Turismo (in Sicilia, diversamente dal Mibact, sono separati), si chiama «Anfiteatro di Sicilia», un cartellone di oltre 50 eventi, dalla lirica alla prosa, dal dramma antico alla musica classica, dall'opera all'operetta, tra Taormina, Catania e Tindari, oltre alla Ville Romana del Casale.Tornando a Selinunte, sarebbe difficile spiegare il no dei greci alla sfilata di Gucci al Partenone a un’amministrazione pubblica che pensa a batter cassa senza interrogarsi se, come richiesto dall’art. 106 del Codice dei beni culturali, il concerto di un dj sia compatibile con il carattere storico-artistico del bene. Compatibilità che si fa fatica a trovare anche per gli stessi sponsor autorizzati a piazzare i loro loghi: un Adidas e Foot Locker si combinano bene con un 21enne dj, meno con una «naos» e un «adyton». E a proposito di sostenibilità economica all’evento, possiamo considerare congrui, a fronte di incassi che si aggirano intorno ai 400mila euro (costo del biglietto 27 euro per quindicimila persone), i 20mila euro versati al parco, più un 5% degli introiti, occhio e croce altri 20mila euro? Il tariffario di cui è dotato il parco per le concessioni d’uso parte da 20mila euro fino a un tetto di 80mila. Perché si è scelta la soglia più bassa per un evento di questo «livello»? Il parco di Selinunte, in realtà, non è nuovo a questi accordi al ribasso: nel 2016 ci si è accontentati di 12mila euro per una sponsorizzazione che era partita mettendone sul tavolo 50mila (cfr. n. 362, mar. ’16, p.2).A Selinunte, peraltro, dal 12 luglio scorso è stato nominato un commissario, invece che reinsediare il Comitato tecnico-scientifico decaduto e per farlo, nel decreto di nomina, si fa riferimento incredibilmente non a una legge, ma a un disegno di legge ancora all’ordine del giorno all’Ars (il parlamento siciliano), che esautora il predetto organo in favore appunto di un commissario di nomina politica e che, oltretutto non possiede i requisiti, questa volta sì, previsti da una legge, quella Granata sui parchi archeologici (n. 20/2000). Pietro Sciortino, infatti, non è un dirigente dell’Assessorato Beni culturali e, da quanto si legge nel curriculum non può vantare nemmeno «adeguata esperienza» nel settore, come richiesto sempre dalla legge. Un dottore commercialista capo di gabinetto dell’assessore ai Beni culturali e all'Identità sciliana Carlo Vermiglio, l’ultimo dei cinque vorticosamente alternatisi durante il governo Crocetta e che a fine legislatura si è affrettato a reinsediare, con una nuova composizione altamente discutibile, il Consiglio Regionale Beni culturali assente dal 2009, a finanziare sagre di paese e altra roba da ex Tabella H (contributi che la Regione concedeva a soggetti non pubblici secondo logiche clientelari). L’assessore è anche quello che ha stravolto i contenuti del Protocollo per un intervento emergenziale a favore del patrimonio a cui aveva dichiarato di aderire, accordo che chi scrive aveva promosso insieme a Italia Nostra, Legambiente e SiciliAntica, col fine di trasformarlo in uno strumento per risolvere a costo zero l’annoso problema dei custodi in Sicilia. Addirittura esterno ai ranghi della Regione è, invece, l’altro commissario nominato dallo stesso Vermiglio al parco archeologico di Naxos, Nunziello Anastasi, un altro fedelissimo dell’assessore, a capo dalla sua segreteria tecnica, ma anche uno degli avvocati dello Studio Legale Palumbo-Magaudda, collegato allo Studio messinese di Vermiglio, e col quale condivide la sede.È, dunque, questa l’interpretazione deviata che la Sicilia sta fornendo dell’autonomia gestionale e finanziaria che pure per prima aveva sperimentato facendo nascere con 17 anni di anticipo sul Mibact il primo parco autonomo, quello della Valle dei Templi. Niente specialisti, è la longa manus della politica, per il tramite dei suoi commissari, a far pesare nella gestione dei parchi questioni che ben poco c’entrano con quelle squisitamente tecnico-scientifiche. Se oggi c’è stato un Garrix a Selinunte forse non si è troppo lontani dalla provocazione del direttore del parco di Agrigento, Giuseppe Parello: «Se qualcun altro ci chiedesse di fare sfilare una pornodiva non accetteremmo». ...