Puglia. Spunta una necropoli e un abitato fortificato di età messapica
Le indagini, condotte sotto la direzione scientifica di Giovanna Cera (UniSalento) e in concessione con la Soprintendenza Archeologia sono state in parte finanziate dal Comune di Nardò e hanno visto la partecipazione degli studenti del Dipartimento di Beni Culturali dell’ateneo salentino LECCE - Durante una campagna di scavi archeologici, realizzata a pochi chilometri da Nardò (Lecce) in località denominata 'Li schiavoni’, è stato rinvenuto un abitato fortificato di età messapica e una necropoli. La Messapia (forse "Terra tra i due mari") fu il nome dato al territorio corrispondente alla Murgia meridionale e al Salento (province di Lecce, di Brindisi e parte della provincia di Taranto) dagli storici greci. Le prime attestazioni della civiltà messapica risalgono all'VIII secolo a.C. Il sito, un pianoro sopraelevato, si trova a circa 4 km a nord-est di Porto Cesareo. Le attività di scavo si sono concentrate all’interno di un terreno agricolo di proprietà privata e sono state finalizzate a comprendere le modalità e le fasi di occupazione del sito e a intercettare i resti delle mura di cinta. E’ stato infatti rinvenuto il tracciato di una cinta muraria antiche, e un fossato che fiancheggia parte del circuito sul lato orientale denota la vocazione difensiva dell'insediamento messapico. È venuta in luce una poderosa struttura, caratterizzata da due paramenti esterni realizzati a grandi blocchi di forma irregolare e da un riempimento interno di notevole spessore, costituito da pietre calcare e tufacee, coppi e frammenti ceramici. I materiali recuperati dai livelli associati a queste strutture sembrerebbero attestare un’assidua frequentazione dell’area per lo più nell’ambito dell’epoca arcaica e classica, pur comprendendo residui di probabile orizzonte protostorico, dell’Età del Ferro e anche più recenti reperti di età ellenistica, probabilmente ultimo periodo di utilizzo dell’opera difensiva. Nello stesso sito è stata individuata anche una necropoli. Una nota del Comune di Nardò spiega: “L’attività degli scavatori clandestini ha danneggiato per sempre il contesto archeologico e le tombe messe in luce, realizzate in blocchi e lastre di pietra leccese, sono apparse sconvolte e già pesantemente manomesse, impedendo agli archeologi di ricomporre con sicurezza le originarie associazioni di materiali. Degni di particolare interesse, tra questi ultimi, alcuni esemplari di importazione attica, corinzia e coloniale - indizio dei contatti commerciali che gravitavano attorno a questo insediamento - numerosi contenitori o bacini con orlo modanato e pesi da telaio”. Le indagini sono solo all’inizio. A settembre 2018 è in programma la prossima campagna di scavi. ...