Milano. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana presenta i “Tarocchi del Mantegna”
In esposizione 28 dei 31 fogli della più antica e celebre serie a stampa realizzata in Italia Settentrionale nella seconda metà del '400, ma anche la più misteriosa, per ciò che attiene al possibile autore, luogo di produzione e scopo di realizzazione MILANO - I cosiddetti “Tarocchi del Mantegna” sono composti da 50 stampe incise a bulino di altissima qualità, caratterizzate da un tratto molto sottile, grande dovizia di particolari, un raffinato sistema di tratteggio, divise in cinque serie di 10 elementi ciascuna, che raffigurano nell’insieme l’uomo come microcosmo e l’universo come macrocosmo. Probabilmente i fogli sono giunti in Ambrosiana con il nucleo di opere di Federico Borromeo. In origine si presentavano rilegati all’interno di libri che, a causa del loro successo collezionistico, vennero ben presto smembrati. Per consentire al visitatore di apprezzare appieno la loro forma primitiva, lungo il percorso espositivo sarà installata una postazione multimediale dove verrà mostrato in digitale l’esemplare conservato nella Pinacoteca Malaspina di Pavia. Per il loro stile, le incisioni furono inizialmente ritenute d’influenza fiorentina, in virtù del confronto con le opere di Baccio Baldini; alla fine del Settecento, con il contributo di Luigi Lanzi (1795-96), ci si orientò verso il Veneto, proponendo addirittura l’autografia di Mantegna. Sebbene questa proposta fu in seguito abbandonata in favore di una lettura in chiave ferrarese, in stretta relazione con gli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, restò per sempre legata alla serie. Recenti studi condotti da Laura Paola Gnaccolini, che è anche curatrice della mostra, s’indirizzano a un’attribuzione a Lazzaro Bastiani, artista veneziano coevo di Bartolomeo Vivarini, noto anche come miniatore, a cui vennero diverse commissioni pubbliche di notevole rilievo, nelle cui opere giovanili si trovano molti punti di contatto con le incisioni. Accanto alle incisioni sarà esposto il manoscritto del Crater Hermetis dell’umanista marchigiano Ludovico Lazzarelli, che utilizzò alcune sequenze dei “Tarocchi” come fonte di ispirazione per comporre un’opera poetica, dal titolo De deorum gentilium imaginibus. L’attenzione di Lazzarelli all’apparato iconografico delle sue opere porta a dubitare che possa aver utilizzato delle immagini create da altri e a suggerire, con prudenza, l’ipotesi di una sua responsabilità nell’invenzione della serie. La mostra è accompagnata dal volume, edito da Mondadori Electa, “L’UOMO DIVINO. Ludovico Lazzarelli tra il mazzo Sola Busca e i Tarocchi del Mantegna”, in cui si approfondisce la personalità di questo affascinante protagonista del Rinascimento italiano, degno di stare accanto a Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, a cui è già stata recentemente riconosciuta la responsabilità dell’invenzione dei Tarocchi Sola Busca. ...